copyright - Fabrizio De Pasquale
default-logo

Archivio di marzo 2009

Posted On

La casta dei mandarini

sabato, 7 marzo 2009

La casta dei mandarini

C’e’ un’alta burocrazia che detiene le vere leve del potere ed è lontana anni
luce dalla cultura del fare di Berlusconi

Con la sinistra impegnata a discutere del proprio ombellico e con l’economia che induce tutti gli
italiani muniti di buon senso a stringersi attorno al governo piuttosto che a scioperare si
potrebbe concludere che gli unici problemi per Berlusconi arrivino dal Milan.
In realtà segnali di insoddisfazione del blocco sociale che ha votato PDL, soprattutto al nord, ci
sono, ed è bene non trascurali: Malpensa, la penalizzazione dei comuni virtuosi per ripianare i
debiti di quelli spendaccioni, espulsioni solo teoriche per i clandestini, decisioni che tardano su
questioni vitali come la casa, l’Expo o il finanziamento delle infrastrutture. Nulla di drammatico
se si guarda al coma della sinistra però una riflessione va fatta.
È vero, con la crisi le risorse sono poche e diventa difficile far le riforme. Vi sono però decisioni
potrebbero liberare fondi per lo sviluppo come abolire le province o innalzare l’età pensionabile
femminile. Altre non costano nulla e garantirebbero più sicurezza, come una politica
dell’immigrazione, fatta di espulsioni vere, di educazione civica ediritti di cittadinanza da
meritarsi.
Idee note ma allora perché ci si incarta, perché è così difficile agire?
Certo c’è una coalizione e Berlusconi deve ancora fare i conti con i distinguo: della Lega che,
ad esempio, non vuol abrogare le province o punire i graffitari! E poi l’esecutivo
costituzionalmente debole, i regolamenti parlamentari… Ma queste ragioni non spiegano tutto.
C’è un fattore che influenza fortemente gli atti di governo ed è di carattere umano, culturale,
direi sociologico, e bisogna avere il coraggio di parlarne
Sotto il livello dei Ministri esiste una alta burocrazia composta da Capi di Gabinetto, Capi del
legislativo, Segretari Generali e via discorrendo che detiene veramente le leve del potere.
Queste figure, non elette da nessuno ma nominate dai Ministri ad inizio mandato, sono lontani
anni luce dalla cultura del fare di Berlusconi
Cultori del cavillo e del decreto, spaparanzati sulle poltrone che contano da molti più anni dei
politici che dovrebbero guidarli, abituati a fare surf fra governi di sinistra e destra,
trasversalmente pronti a servire prima D’Alema e poi il Cavaliere, o Di Pietro e poi Tremonti,
questi mandarini rispondono in pratica solo a loro stessi.
Si tratta di Consiglieri della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato, alti magistrati che
accumulano incarichi e stipendi ma che sono abissalmente distanti da chi produce ricchezza
nella provincia italiana. La loro visione del diritto è sublimata nel decreto milleproroghe, ovvero
scrivere norme indecifrabili, piene di rimandi ad altre norme, funzionali a impantanare le scelte di mese in mese.
Questa autentica casta, meno controllata e più solida della politica, custodisce le tavole della
norma e della prassi amministrativa: in pratica dice ai Ministri cosa possono o non possono
fare. E’così ogni riforma è annacquata, infarcita di passaggi amministrativi, frenata da chi non
vuole modificare abitudini, privilegi e potere. È una casta che prospera nella discrezionalità,
controlla solo formalmente l’interesse pubblico, scarica le responsabilità sulla scrivania accanto
ma coltiva a piene mani familismo e clientelismo. L’influenza degli inossidabili burosauri spiega
anche la autolesionista tendenza di Ministri polisti a confermare o addirittura nominare
personalità di sinistra. Fioriscono un mariniano alle Poste,un ex ministro diessino alla Cassa
Depositi e un veltroniano a Cinecittà,.
Per sovvertire la palude romana non c’è che il Berlusconi del predellino, che interpreta gli
interessi di chi chiede servizi efficienti e decisioni. E si capisce perché, stufo della cultura del
tirare a campare, il Cav spesso tira fuori l’idea della università della liberta per formare una
nuova classe dirigente.
Per superare tale melassa al PDL serve un ceto politico preparato e consapevole, in grado di
non farsi turlupinare dai grand commis, e ci vuole un partito che ricordi quotidianamente al
governo le istanze dei nostri elettori.
Serve il coraggio di anteporre la politica alla nomenclatura, bisogna portare le esperienze
migliori del governo locale a Roma, per evitare la beffa di camaleonti sempre al potere grazie ai
milioni di italiani che ci hanno votato per cambiare l’Italia. Parliamone al congresso.

About the Author

Leave a Reply

*

Powered by keepvid themefull earn money